Molte tecniche sono state utilizzate dai vasai preistorici per la realizzazione dei vasi, prima dell’introduzione del tornio.
Le più note sono costituite dal montaggio a pressione, al colombino o a stampo, che possono essere utilizzate da sole o in diverse combinazioni.
Durante il montaggio il vaso deve essere poggiato su una base che consenta di ruotarlo per lavorare ogni sua parte senza danneggiarne il fondo.
Una soluzione molto semplice e ampiamente documentata in contesti etnografici (è il caso del puki tra i Pueblo) è quella di appoggiare il vaso su un oggetto a superficie concava, molto spesso un frammento di vaso oppure un anello in fibra vegetale.
Variamente associati alle diverse tecniche di montaggio dei vasi sono una serie di interventi sulle pareti già parzialmente essiccate, tesi al perfezionamento della forma, come la battitura con una spatola in legno, oppure tesi ad ottenere lo spessore e la regolarità desiderata, come la raschiatura della pasta in eccesso con uno strumento a margine tagliente (conchiglia, lama di selce, osso). A completamento del montaggio del vaso venivano applicati gli elementi di presa, come anse o bugne, preferibilmente quando l’argilla aveva assunto una maggiore consistenza.
Nella tecnica a pressione un grumo di pasta viene manipolato premendo con il pugno o con le dita per ottenere una cavità: le pareti vengono ulteriormente alzate e assottigliate, delineando anche la forma del vaso, a pizzicato oppure con l’utilizzo di una stecca e di una incudine (un ciottolo, un tubero, un legno).
Nella tecnica al colombino un grumo di pasta viene modellato in modo da ottenere un rotolo di argilla (il colombino), che avvolto a spirale forma il fondo del vaso.
Le pareti sono poi ottenute con la sovrapposizione successiva di altri colombini che vengono successivamente fusi tra loro con la pressione delle dita. Le pareti vengono alla fine regolarizzate con le dita oppure con la stecca, eliminando irregolarità e ondulazioni nello spessore.
Nel montaggio a stampo infine un grumo di pasta viene modellato all’interno o all’esterno di una forma, che poteva essere costituita da un altro vaso, da un cesto in vimini o altro. Il vaso può essere così formato completamente, oppure limitatamente alla base e poi completato con altre tecniche.
Il tornio, detto anche ruota da vasaio, viene per la prima volta utilizzato in Asia e in Egitto intorno alla metà del IV millennio a.C.
In Italia le prime attestazioni di ceramica tornita risalgono all’età del Bronzo Recente (seconda metà del XIV sec.- XIII sec. a.C.). La forma più semplice di tornio è costituita da una ruota posta sopra un perno, alla quale viene data una spinta rotatoria, permettendo così al vasaio di lavorare l’argilla. Più complesso è il tornio a doppia ruota, azionato dal piede.